Ehi Egitto! Arriviamo!

di Linda Sue Pochodzay Edwards e Jennifer Leigh Edwards

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Un pomeriggio non così bello, mentre Davide era seduto in mezzo al pavimento a giocare con i suoi giocattoli, notò la nuova ambulanza giocattolo di Tommaso. Era così bella perché faceva il rumore delle sirene e del clacson e faceva anche girare le gomme!

Nel frattempo, Tommaso stava finendo un edificio con il Lego a cui stava lavorando e non vide Davide che la prendeva. Davide premette un pulsante dopo l'altro. “VROOM! VROOM! HONK! HONK! WOO! WOO!” il rumore continuò. Solo pochi istanti dopo, Tommaso sentì un suono terribile.

“CRASH! SCREECH! CRUNCH!” Guardò immediatamente Davide, gridando a squarciagola, “HAI ROTTO IL MIO GIOCATTOLO PREFERITO!!! Perché l'hai fatto? Era il mio preferito in assoluto perché era nuovo di zecca. Come farò ad averne un altro?”

Davide cercò di spiegare, “È stato solo un incidente. Non volevo romperlo; ci stavo solo giocando. Mi dispiace.”

Tommaso rispose con rabbia, “Dire mi dispiace non è sufficiente! Le tue scuse non mi procureranno una nuova ambulanza con tutti i pulsanti e i rumori fantastici?”

Davide non sapeva cosa dire. Di certo non poteva sostituirlo. Non poteva chiedere a sua madre di andare a comprare un giocattolo per il suo amico. Davide pensò e ripensò, ma non riusciva a decidersi per un buon piano. Voleva solo sistemare le cose, ma Tommaso semplicemente non voleva ascoltare.

Quando Davide ricevette i soldi della sua paghetta pochi giorni dopo, implorò sua madre di portarlo al negozio. Dopo che ebbe finito di fare la spesa, disse, “Mamma, mamma! Voglio andare a prendere un giocattolo.”

Lei rispose, “Sei stato un bravo ragazzo questa settimana. Penso che possiamo dare un'occhiata per qualche minuto.”

“So esattamente cosa voglio prendere. Non ci vorrà molto,” affermò positivamente. “Ho bisogno di vedere le macchine.”

Sua madre si accigliò e rispose, “Non pensi di avere abbastanza macchine? Forse dovresti pensare a un gioco da condividere con tuo fratello.”

Davide insistette, “Ho bisogno di una nuova ambulanza! Sai, quella che fa tutti i rumori e ha tutti i pulsanti. È quella di cui ho bisogno.”

Sua madre chiese, “Non lo vuoi solo perché ce l'ha Tommaso, vero?”

“NO!” disse Davide enfaticamente. Continuò tranquillamente, quasi in un sussurro, “IDevo sostituire la sua.”

“Cos'è successo?” chiese la mamma.

Davide iniziò timidamente a raccontare la storia. “Ci stavo giocando a casa sua qualche giorno fa, e io . . ..” Si fermò per schiarirsi la voce. Era così sconvolto, stava piagnucolando ora, quasi in lacrime.

“Vai avanti, Davide,” lo incoraggiò sua madre. “Va tutto bene. Dimmi solo cosa è successo.”

“Beh, io. . . io . . . ho iniziato a premere tutti i pulsanti il più velocemente possibile, e io . . . ehm . . . l'ho rotto! Ho rotto il giocattolo di Tommaso! Ho rotto la sua ambulanza preferita.”

“Hai detto che ti dispiace?” ha chiesto la mamma.

“Sì, ma....” ra così triste che non poteva continuare.

“Ma cosa?” ha chiesto.

“Ma era ancora arrabbiato, quindi ho pensato che se gliene avessi comprata una nuova avrebbe giocato di nuovo con me e sarebbe stato di nuovo mio amico,” ha risposto Davide.

“Beh, questo è un bel pensiero. Pensi che se sei gentile con Tommaso, ti perdonerà per aver rotto il suo giocattolo,” affermò.

“È proprio così?” chiese Davide, confuso.

“Sì,” ha affermato la mamma. “Quando facciamo qualcosa di sbagliato e diciamo che ci dispiace, l'altra persona dovrebbe perdonarci.”

“Beh, spero proprio che Tommaso mi perdoni!” esclamò Davide.

Il giorno dopo, quando Davide diede a Tommaso la nuova ambulanza, Tommaso sorrise da un orecchio all'altro. Poi fece una cosa molto sorprendente. La restituì a Davide e disse, “Tienila tu. Voglio essere tuo amico anche se hai rotto il mio giocattolo. So che è stato solo un incidente e ti perdono.” Poi continuò, “Mi perdonerai per essermi arrabbiato così tanto ieri?”

“Sì. Certo, ti perdono! Questo è ciò che dovremmo fare quando qualcuno ci fa qualcosa di sbagliato. Anche se non ne abbiamo voglia, dovremmo sempre perdonarci a vicenda,” concluse Davide. Erano entrambi felici che tutto fosse andato così bene.

I fratelli di Giuseppe chiacchierarono quasi senza sosta per tutto il viaggio di ritorno a Canaan. Erano così presi dalla loro eccitazione che quasi non si accorgevano del deserto caldo, arido, brullo e deprimente. Non potevano credere alla loro fortuna.... Non potevano credere che il loro fratellino fosse diventato un importante sovrano nella terra d'Egitto. Del resto, stentavano a credere che fosse ancora vivo.

“Sei sicuro che fosse davvero Giuseppe?” chiese uno di loro incredulo.

“Deve essere lui,” rispose Ruben. “In quale altro modo avrebbe potuto riconoscerci dal più vecchio al più giovane?”

“Inoltre,” disse Dan, “chi altro ci avrebbe dato così tanto cibo e così tanti regali da portare a casa?”

“Ricordate, io sono quello che era in prigione ad aspettare un'eternità che voi ragazzi tornaste per me,” aprì bocca Simeone. “I suoi servitori mi hanno trattato bene . . . uhmmmm . . . voglio dire, molto bene per essere una prigione,” aggiunse.

Man mano che la conversazione andava avanti, non c'era altra conclusione da trarre se non che doveva essere Giuseppe.

Avvicinandosi alla loro casa, la loro eccitazione crebbe ancora di più. Le loro voci raggiunsero un tono febbrile mentre discutevano su chi doveva essere il primo a raccontare al padre della festa, della coppa d'argento e . . . che il loro fratello Giuseppe era vivo e vegeto.

Giacobbe aveva atteso con ansia il ritorno dei suoi figli. La sua speranza che Simeone sarebbe tornato era mista alla paura che potesse essere successo qualcosa di terribile a Beniamino.

Sentendo quelle che sembravano voci forti e arrabbiate, si mosse più velocemente che il suo corpo anziano glielo permettesse, la sua paura intanto cresceva. Tirò un sospiro di sollievo mentre contava e si rese conto che i suoi undici figli erano tornati da lui. “Almeno tutti loro sono al sicuro,” pensò. “Qualunque cosa stiano discutendo non ha importanza.”

“PAPÀ! PAPÀ!,” gridarono quando lo videro venire verso di loro. “ABBIAMO NOTIZIE MERAVIGLIOSE!” Quando Giacobbe li sentì, si rilassò un po' di più, ma con curiosità si chiese di cosa potessero parlare. Tutti i fratelli stavano gridando e parlando allo stesso tempo e niente di tutto ciò aveva senso.

“Calmatevi . . . TUTTI!”  Dovette urlare per essere ascoltato. I fratelli erano così eccitati che non riuscivano a calmarsi. Quando finalmente si furono tranquillizzati un po', Giacobbe chiese, “Ora cos'è tutta questa buona notizia di cui state strepitando?”

I fratelli continuarono tutti insieme a parlare allo stesso tempo e Giacobbe udì qualcosa su una festa e qualcosa su una coppa d'argento, ma la cosa che udì che lo fece raggelare fu il nome del suo amato figlio: Giuseppe. “DIMENTICATE TUTTO IL RESTO,” gridò. “Cos'è questo che avete da dire su Giuseppe?”

I fratelli cercarono di dirgli che Giuseppe era vivo e che gli avevano parlato.

Quella fu una notizia così sorprendente per il vecchio, che quasi perse l'equilibrio e dovette essere aiutato a sedersi su un masso vicino. “PERCHÉ STATE SCHERZANDO SU COSE COME QUESTA?” gridò con rabbia. “VOI STESSI MI AVEVATE DETTO MOLTI ANNI FA CHE GIUSEPPE FU UCCISO DA UN ANIMALE SELVATICO!”

L'eccitazione si placò quando i fratelli furono costretti a confessare le cose terribili che avevano fatto quando avevano venduto Giuseppe come schiavo e tutte le bugie che avevano raccontato nel corso degli anni per coprire tutto ciò. Giacobbe era stordito e intontito. Non sapeva cosa credere....

      . . . Ma lungo la strada, poco dietro ai fratelli, vide qualcosa che gli fece perdere ogni dubbio. “ARRIVANO I CARRI!” egli gridò. “E GUARDA TUTTI QUEGLI ASINI CARICHI DI MERCI! È PROPRIO COME AVETE DETTO! SOLO GIUSEPPE FAREBBE QUESTO E INVIEREBBE TANTI REGALI! SOLO GIUSEPPE FAREBBE QUESTO E INVIEREBBE TANTI REGALI!  DEVE ESSERE VIVO!  DEVO ANDARE A VEDERLO.” Era tutto così incredibile. Giacobbe era fuori di sé dalla gioia.

Giacobbe ordinò ai suoi figli di raccogliere tutte le loro mandrie e greggi e di caricare i carri con le loro mogli, i loro figli e il cibo per il viaggio. Tutti insieme, 66 discendenti di Giacobbe, senza contare le mogli, partirono per il lungo viaggio in Egitto. I fratelli eseguirono obbedientemente tutto ciò che gli veniva detto e crearono anche un posto particolarmente comodo in uno dei carri per il padre.

Percorsero gli stessi sentieri caldi, aridi e polverosi che avevano percorso nei loro due precedenti viaggi in Egitto. Si fermarono per accamparsi durante la notte in un luogo chiamato Beer-Sceba, e Giacobbe fece sacrifici e adorò Dio. Durante la notte, Dio parlò a Giacobbe.

“Eccomi,” rispose Giacobbe a Dio.

“Io sono il Dio di tuo padre Isacco e di suo padre Abramo. Non temere di andare in Egitto. Io sarò con te e farò dei tuoi figli e dei tuoi nipoti una grande nazione. Giuseppe è vivo e tu sarai con lui,” disse Dio a Giacobbe.

Giacobbe era grato che Dio gli avesse parlato e lo avesse rassicurato che tutto andava bene e che stava facendo la cosa giusta. Quindi dormì tranquillamente per il resto della notte.

Giacobbe e tutti i suoi figli e le loro famiglie si alzarono la mattina presto per continuare il loro viaggio verso l'Egitto. Giacobbe aveva incaricato Giuda di andare davanti al gruppo per vedere Giuseppe e dirgli che erano arrivati. Giuseppe preparò il suo carro e praticamente volò per vedere suo padre. Dopo essersi presentato, abbracciò suo padre e lo abbracciò e pianse a lungo. Giacobbe era convinto che fosse davvero suo figlio Giuseppe ed ora era contento e libero dalla paura.

Giuseppe disse al gruppo che sarebbero andati tutti a incontrare il re Faraone. Li istruì sulle dovute cortesie e su cosa avrebbero dovuto dire per rispondere alle domande del faraone. Giuseppe condusse il gruppo al palazzo per presentarli al re e questo fu felicissimo di incontrare finalmente la famiglia di Giuseppe. Il faraone non poteva parlare direttamente con loro perché parlavano lingue diverse, quindi comunicava tramite Giuseppe.

“Dì a tuo padre che tutto l'Egitto è aperto a loro. Assicurati che si stabiliscano in un luogo con buona terra e acqua.” Allora il faraone si rivolse a Giacobbe e, parlando attraverso Giuseppe, gli chiese quanti anni avesse.

Giacobbe rispose che aveva 130 anni. Poi Giacobbe pregò una benedizione sul faraone, e uscirono per stabilirsi nel paese di Gosen.

Giacobbe, che era conosciuto anche come Israele e i suoi figli, che erano conosciuti anche come i figli di Israele, crebbero in prosperità in Egitto. Giacobbe visse altri 17 anni e diventò più vecchio e più debole. Raccolse intorno a sé tutti i suoi figli e pregò su di loro una benedizione, nominando ciascuno individualmente. Pregò anche una benedizione sui due figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim.

Dopo che tutte le benedizioni furono pregate e le istruzioni furono impartite, Giacobbe andò tranquillamente a dormire e morì pacificamente. Giuseppe, la sua famiglia e persino il faraone e tutto il paese d'Egitto piansero Giacobbe per 40 giorni.

Dopo la morte del padre Giacobbe, i fratelli iniziarono a pensare al passato e si preoccuparono molto. Temevano che Giuseppe fosse stato gentile con loro solo a causa del padre. Per cui escogitarono un piano e inventarono una bugia. Allora assunsero un messaggero che li precedesse per parlare a Giuseppe.

“Tuo padre aveva un comando per te prima di morire,” disse il messaggero. “Voleva che tu perdonassi i tuoi fratelli per le cose malvagie che ti avevano fatto.” I fratelli si inchinarono quindi sul pavimento davanti a Giuseppe, implorando il suo perdono.

Giuseppe li guardò tristemente e profondamente turbato. Con le lacrime agli occhi, chiese, “Pensate davvero che io voglia ripagarvi male per male? Non ho rancore nei vostri confronti. Come potete anche solo pensare una cosa del genere? Non ho alcun desiderio di farvi alcun male,” disse.

“Pensate di essere stati malvagi con me e la vostra coscienza vi dà fastidio, ma Dio aveva un piano. Dio mi voleva qui in Egitto per salvare voi, le vostre famiglie e molte, molte altre persone dalla fame, perciò vi ha usato per farmi arrivare qui. Non c'è bisogno che mi temiate. Ciò che intendevate per il male, Dio lo intendeva per il bene. Mi prenderò cura di tutti voi e delle vostre famiglie,” disse loro gentilmente.

Giuseppe ei suoi fratelli vissero prosperamente il resto della loro vita nel paese d'Egitto.

RIFLETTI!

1. Quale buona notizia avevano i fratelli per il padre?
2. Perché il padre aveva difficoltà a credergli?
3. Cosa fece Giacobbe quando si fermarono a Beer-Sceba?
4. Perché il re Faraone non parlò direttamente a Giacobbe?
5. Quanti figli ebbe Giuseppe?
6. Perché i fratelli ebbero paura di Giuseppe?
7. Qual era l'atteggiamento di Giuseppe verso i suoi fratelli?

RICORDA:

Dio può far sì che anche le cose brutte diventino buone.

UN VERSETTO DA IMPARARE

“Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene” (Genesi 50:20).

APPLICAZIONE PRATICA

Pensiamo alle cose belle accadute a Giuseppe quando stava affrontando momenti difficili. Qual è stata la cosa buona che gli è successa quando era uno schiavo?

[Dopo la discussione:] Sì, ha imparato a gestire un'intera famiglia. Quali sono state le cose belle che sono successe quando era in prigione?

[Dopo la discussione:] Sì, ha imparato a dirigere un'intera prigione e ha avuto anche l'opportunità di servire il maggiordomo e il fornaio e parlare loro di Dio. Durante tutta questa brutta situazione, Dio stava insegnando così tanto a Giuseppe, dandogli saggezza che avrebbe potuto usare in futuro. Alla fine riuscì a governare un intero paese sia nella buona che nella cattiva sorte, provvedendo e salvando molte persone, compresi non solo gli egiziani, ma anche la sua stessa famiglia. Attraverso tutto ciò, Giuseppe imparò a obbedire a Dio, a perdonare gli altri e persino a fare del bene a coloro che avevano peccato contro di luim.

Ora, non è un peccato attraversare una brutta situazione. Conosci qualcuno che attualmente sta affrontando una brutta situazione? Forse stai tu stesso affrontando una brutta situazione e hai bisogno di aiuto o hai bisogno di perdonare qualcun altro. Ricorda, se amiamo Dio, faremo quello che dice, e se facciamo quello che dice, Lui farà tutto per il nostro bene, anche se in quel momento potrebbe non sembrare buono (Romani 8:28).

Riesci a pensare ad alcune cose che Dio dice che dovremmo fare?

[Dopo la discussione:] Dice perdonare, amare, fare del bene, incoraggiare, confortare e pregare per gli altri. Dice di continuare a fidarsi di Lui e di parlare agli altri del suo amore.

Stai affrontando una brutta situazione? Hai bisogno di preghiera oggi oppure conosci qualcun altro che sta affrontando una brutta situazione e che ha bisogno di preghiera? Prendiamoci un momento e preghiamo per tutte le brutte situazioni che noi o altri possiamo affrontare. Chiediamo a Dio di aiutarci a confidare in Lui e ad obbedirgli in tutte le cose, e di aiutarci a vedere il bene in ogni situazione. Crediamo, lodiamo e ringraziamo Dio per un buon risultato.

PREGHIAMO

****************************************************
Caro Dio, grazie per avere sempre il controllo
e sapere cosa è meglio per noi. Aiutaci a ricordare di
essere gentili e perdonare gli altri. Nel nome di Gesù. Amen.
****************************************************

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Genesi 44:24 - 50:22

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